- Introduzione
- Il diritto alla provvigione per il mediatore
- I fatti
- I motivi di ricorso
- La pronuncia della Corte di Cassazione
- Gli interventi correlati
Introduzione
Il 5 dicembre 2024, la Corte di Cassazione, con l’Ordinanza n. 31187, torna ad affrontare il tema del diritto alla provvigione del mediatore.
La Corte ribadisce che tale diritto sorge quando la conclusione dell’affare è direttamente collegata all’attività del mediatore, in modo tale che senza il suo intervento, l’affare non si sarebbe concluso.
Il diritto alla provvigione per il mediatore
Il sorgere del diritto alla provvigione per il mediatore, viene regolato dall’art. 1755 c.c., a mente del quale “il mediatore ha diritto alla provvigione da ciascuna delle parti, se l’affare è concluso per effetto del suo intervento”.
Tale statuizione si pone in connessione con l’inquadramento della figura del mediatore (art. 1754 c.c) come colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza.
Tuttavia, spesso sono sorti numerosi interrogativi e dubbi interpretativi, soprattutto in merito alla definizione di “conclusione dell’affare”, anche in riferimento all’ipotesi in cui, nel tempo, si susseguono più mediatori immobiliari che seguono il medesimo affare.
In altre parole: chi ha diritto a riscuotere la provvigione, nel caso in cui due o più mediatori si susseguano nel tempo per la gestione del medesimo affare con le medesime parti?
È proprio a questa domanda che l’Ordinanza n. 31187/2024 della Suprema Corte, risponde.
I fatti
Nel caso in esame, l’agenzia immobiliare Alfa propone ricorso per Cassazione relativamente alla decisione della Corte di Appello, che accoglieva la decisione del Tribunale di merito (primo grado).
La Corte di Appello sosteneva che la ricorrente agenzia immobiliare Alfa non avesse diritto alla provvigione poiché non aveva conferito alcun apporto alla conclusione dell’affare.
L’acquirente, infatti, era venuto a conoscenza della vendita dell’immobile, non solo dall’agenzia Alfa, ma anche da altre fonti, tra le quali, l’agenzia Beta.
Nella pronuncia si precisava inoltre che, l’agenzia immobiliare Alfa non aveva nemmeno contribuito a fare raggiungere un accordo alle parti.
I motivi di ricorso
L’agenzia Alfa, tra gli altri motivi di ricorso, propone quello relativo alla falsa applicazione degli art. 1754 e 1755 c.c. in quanto sostiene che la Corte di Appello abbia escluso la sua efficienza causale ai fini della conclusione dell’affare.
L’agenzia immobiliare Alfa, la contrario, ritiene che la sua attività sia stata causalmente collegata alla conclusione dell’affare di compravendita, successivamente effettuata dalle parti.
La pronuncia della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ribadisce come il diritto della provvigione per il mediatore, sussiste nei confronti di ciascuna parte, se l’affare viene concluso per effetto del suo intervento, e comunque, quando le parti (venditore e acquirente) accettano l’attività del mediatore avvantaggiandosene.
Per la Corte, dunque, in linea unanime anche le precedenti pronunce, deve essere dimostrata dal mediatore l’esistenza del nesso causale tra la sua attività e la conclusione dell’affare.
E dunque il diritto alla provvigione sorge ogni volta in cui la conclusione dell’affare è in rapporto causale con l’attività mediatrice; precisando che l’attività intermediatrice si ha ogni volta in cui il mediatore utilmente mette in relazione le parti intervenendo nelle varie fasi delle trattative.
La Suprema Corte, al contempo, sottolinea come non sussiste il diritto alla provvigione nel caso in cui una trattativa, avviata con l’intervento del mediatore non abbia avuto esito positivo, e le parti, successivamente, siano giunte alla conclusione dell’affare in modo indipendente e comunque non ricollegabile all’attività del mediatore o da questa condizionata. E proprio in questo si può richiamare l’art 1755 a mente del quale, il diritto del mediatore alla provvigione, consegue alla conclusione dell’affare, che viene inteso come ogni operazione di natura economica che genera tra le parti un rapporto obbligatorio.
Inoltre il giudizio riguardante l’esistenza di questo nesso, deve essere fatto ad affare compiuto e, se necessario, provato dal mediatore.
Dunque, la Corte esclude che, il solo fatto di avere messo le parti in relazione tra loro, sia sufficiente dimostrare l’esistenza del nesso di causalità.
Nel caso in esame, infatti, la parte venditrice e quella acquirente, venivano messe in contatto da parte dell’agenzia Beta, che inoltre, provvedeva anche a operare una riduzione del prezzo di compravendita, in modo da agevolare la conclusione dell’affare avvicinando le parti.
Gli interventi correlati
A mente dell’art. 1758 c.c., quando l’affare viene concluso con l’intervento di più mediatori, ciascuno ha diritto ad una quota della provvigione.
Sulla base di questo, l’agenzia immobiliare Alfa, sostiene di avere diritto ad una quota della provvigione, essendosi l’affare concluso a causa degli interventi concorrenti di entrambe le agenzie (Alfa, la ricorrente, e Beta).
La Corte, ribadisce, sempre in linea con altri precedenti orientamenti, che ciò è vero, quando i mediatori hanno o cooperato simultaneamente e di intesa comune; oppure hanno agito autonomamente ma giovandosi l’uno dell’attività dell’altro e, inoltre, sussiste un nesso di causalità obiettiva tra i loro interventi e la conclusione dell’affare.
Nel caso di specie, dunque, la Corte, rigetta entrambi i motivi di riscorso, ribadendo che l’agenzia immobiliare Alfa non ha diritto alla provvigione.

